lunedì 31 dicembre 2012

Dai posteri [Parte Prima]


Caro amico mio,

il tuo racconto, la tua “fotografia di realtà”, mi ha intristito. Ero pronto a narrarti di altri fantastici eventi riguardanti il Regno del Panino e il Cavaliere Nero, quando sono stato assalito da una profonda mestizia. Diciamo che mi hai rovinato le feste. Ma mi hai anche ricordato che, purtroppo, viviamo in un momento non affatto roseo della nostra storia. I problemi ci circondano e braccano, a me, te e a noi italiani, e probabilmente il vero motivo per cui non facciamo che peggiorare è che non esiste nessuno in grado di vedere oltre l’oscuro, nessuno che abbia una visione del futuro, della strada che dovrebbe salvarci dal declino. O, forse, nessuno che voglia spendere del tempo a pensare ed elaborare una idea, poiché è banale sollevare le masse in una continua opposizione al tutto, piuttosto che guidarle, istruirle, e condurle alla costruzione di qualcosa. Che può essere imperfetta e perfettibile, ma intanto è bene costruirla. La conseguenza della stasi intellettuale, causa dell’inazione, è quella che hai “narrativamente” riassunto tu: si perde la voglia di raccontare storie, o si perde addirittura del tutto la capacità di metterle insieme. Poi ci si svuota, si diventa esseri senza scopo travolti dalle faccende quotidiane cui ormai non si da valore, oppure si diventa vittime di vacuità mostruose fini a sé stesse. Vogliam forse ridurci così? Perdere l’ispirazione, che è motore interiore, significa perdere la propria esistenza. Significa non cogito, ergo non sum.

domenica 16 dicembre 2012

L'uomo senza storie da raccontare


Ed eccomi. Seduto al solito caffè.
Ho finito da un po’ l'ormai classico giro. Annunci di qua, annunci di la. Chiama questo, chiama quello. Non ho voglia di tornare a casa, non la sento più poi così mia nonostante ad aspettarmi ci sia l’unico vero sostegno rimastomi.
Lei sarà lì, ad aspettarmi con un sorriso sincero ma preoccupato. Magari con la camicia già pulita per domani benché sia appena tornata dallo studio. Lui in camera sua, sui libri a preparare l’esame di… non ricordo mai il nome. È finito il tempo in cui tornato a casa la prima cosa, l’unica cosa, che facesse era attaccarsi alla Playstation. Ora capisce, e qualche volta mi domando se non sarebbe meglio ritrovalo lì, alla Playstation, incazzato col mondo, con la sua famiglia, con se stesso.
“Solito decaffeinato?”

giovedì 6 dicembre 2012

La leggenda del Cavaliere Nero



Eh già, la taverna del Cavallo Mangiato. Quante storie sono nate in quell'osteria, quanti viandanti vi hanno messo piede, quanta polvere vi ha attraversato i corridoi. Ma non è di tutte queste cianfrusaglie che voglio narrarti, amico mio. Bensì di una storia che riguarda un paio di giramondo, un altro paio di giramondo, e un cavaliere terribile, temibile e coraggioso, che osò sfidare tutto ciò che si potesse sfidare, almeno in quei tempi remoti.

giovedì 29 novembre 2012

Il drago con la gola in fiamme


Salute compare!
Quella che andrò oggi a narrare è la storia di un cavaliere, un drago e una principessa. Eh già! Scadiamo in una irreprensibile banalità… o forse no.
Come le leggende narrano i draghi sono esseri fra i più saggi, posseggono immensa forza e sono custodi delle più remote storie che il tempo abbia mai osservato. Però, quelle stesse leggende, raccontano del cieco odio dei draghi verso ogni forma di vita: raccontano di distruzione, di città rase al suolo dalle loro fiamme, di continui spargimenti di sangue per attaccare il regno di 8mq di un chissà quale re. Proprio l’atteggiamento che ci si aspetta dalle creature più sagge, forti e custodi della memoria del mondo. Vabbé...
Invero, le cose andarono un po’ diversamente da come i vincitori raccontano le proprie storie.

lunedì 26 novembre 2012

E proviamo a distrarci!

Caro amico... ti rispondo.

Non posso nasconderti l'enorme piacere che mi ha donato il tuo messaggio, ed al contempo quali sentimenti malinconici esso abbia evocato.
Purtroppo hai ragione. Ci sono stati tempi in cui abbiamo vergato pagine e pagine di idee, personaggi, storie, da quelle drammatiche a quelle grottesche, che un po' rappresentavano il nostro modo di essere. Sensibili, attenti, ma pur sempre pronti al gioco, all'ironia, al sarcasmo, al cinismo, al realismo "da taverna" oserei dire, per richiamare al lettore quell'analisi della realtà che viene eseguita tra un boccale di birra, un bicchiere di vino e un bel piatto d'arrosto.
Come ben sai, da quando sono andato all'estero tutto è cambiato. Ci si sente di meno, ci si incontra di meno per l'ostacolo geografico (diciamo che le Alpi fanno interferenza) e si scrive di meno. Stare fuori casa, dover parlare un'altra, anzi due altre lingue e non l'amato italiano, lavorare in un'altra lingua ancora e cioè l'inglese, non aiutano le parole a mantenere la propria fluidità, a comporre quei rivoletti di frasi che in passato hanno macchiato le nostre pagine; a volte con pensieri ordinati, altre volte con scarabocchi comunque divertenti. Non ti nascondo che faccio quasi fatica a scrivere queste righe. Ma condivido appieno il tuo suggerimento. Proviamo ad uscire da questa situazione (da qualcuno chiamata "il blocco dello scrittore, da altri, soprattutto i messicani, "stallo alla messicana", dal sottoscritto "situazione del c....") insieme.
Tiriamoci l'uno con l'altro, ed ammazziamo le distanze, la geografia, le Alpi, il tempo, le altre lingue parlate pensate scritte lavorate, per tornare a comporre storie come si faceva una volta. Tra un boccale di birra, un bicchiere di vino e un bel piatto d'arrosto.

mercoledì 21 novembre 2012

Caro amico ti scrivo...


Caro amico ti scrivo…
Come va? È un po’ che non ci si sente e soprattutto non (ci) si scrive.
È dura farlo in questo periodo, la fantasia necessaria ad accatastare lettere l’una accanto all'altra si spreca in congetture secondo le quali, dato il presente, passato e futuro sono indipendenti. L’italiano, nostra lingua con orgoglio, è soggiogato alla supremazia di una lingua straniera che, per quanto utile, necessaria e persino bella, non è nostra. Il tempo sembra sempre meno relativo e palpabile, scivola talmente in fretta che non ci si può neppure chiedere: “quanto tempo ho?” perché si perde tempo ad interrogarsi del tempo e si finisce per non avere il tempo necessario a fare le cose in tempo. Dopo questa mi scolo una birra, ho mal di testa. Torno subito...
...dicevo... il progetto è una gran bella cosa e non lo citerò più se non per dire che: vedi sopra.
Pensavo, però, che le passioni vanno coltivate altrimenti non siamo poi così diversi da un sistema dedicato, messo lì a fare sempre le stesse operazioni, con l’unica differenza che lui è costante nella performance, noi un po’ meno. E allora continuavo a pensare e mi son detto: “ci dovrà pur essere un modo! Le idee ci sono, come realizzarle!?” e una possibile risposta credo sia questa qua: scrivere.
E tu mi dirai: “grazie al …, (davo di merluzzo!) non hai fatto altro che dire che non ci si riesce!”. Vero. Però dipende da cosa si scrive. C’è stato un tempo in cui siamo riusciti a scrivere un romanzo, ne abbiamo iniziati altri e abbiamo scritto fiumi di pagine fino a quando la realtà non ci interrompeva per riportarci dal mondo del nero sul bianco al mondo del… al mondo.
Ma mi son messo di impegno e ho cercato il limite di romanzo per tempo che tende a zero e il risultato, a meno di errori, sembrerebbe finito: racconto. Ne abbiamo scritti tanti in passato, un po’ per diletto, un po’ per allenamento prima di tentare il salto (di qualità?). Che dici di ricominciare? Insieme, magari? Raccogliendoli da subito per di più?
Così. Un po’ per diletto, un po’ per allenamento prima di tentare il salto magari. Un po’... così... per distrarsi un po’?