giovedì 6 dicembre 2012

La leggenda del Cavaliere Nero



Eh già, la taverna del Cavallo Mangiato. Quante storie sono nate in quell'osteria, quanti viandanti vi hanno messo piede, quanta polvere vi ha attraversato i corridoi. Ma non è di tutte queste cianfrusaglie che voglio narrarti, amico mio. Bensì di una storia che riguarda un paio di giramondo, un altro paio di giramondo, e un cavaliere terribile, temibile e coraggioso, che osò sfidare tutto ciò che si potesse sfidare, almeno in quei tempi remoti.


Una volta, durante una forte tempesta, di quelle in cui l’acqua cade in turbinii irrefrenabili prodotti dal vento e girando girando colpisce il viso nonostante l’ombrello, due viaggiatori giunsero alla taverna del Cavallo Mangiato. Uno di essi aveva statura media e stazza mingherlina, con il viso rotondo, solcato da lunghi baffi rampicanti che s’attorcigliavano sulle narici per risalire fino agli occhi e ridiscendere sulle gote mimetizzandosi da basette (di primo acchito, qui baffi parevano più un elmo); l’altro, più basso, aveva invece un aspetto del tutto normale, coronato da una chioma selvaggia di capelli neri come la pece che spuntavano dal cappuccio. I due uomini entrarono di fretta, si scossero come fanno i cani per staccarsi l’acqua di dosso e si diressero in un angolino poco illuminato e meno affollato della taverna. Quando furono seduti rimossero dal capo i cappucci zuppi d’acqua e li lasciarono penzolare dai loro mantelli. Il più giovane giunse le mani per riscaldare le dita.
<<Padre, finalmente si mangia!>> esclamò, e nei suoi pensieri un numero enorme di cavalli si tramutò in carpaccio. Dopo averli contati umettò le labbra con un colpo di lingua.
<<Figlio, ordineremo il miglior piatto che hanno, te lo prometto! Abbiamo fatto un lungo viaggio, ci meritiamo una pausa. In questo luogo mitico…>> cominciò, ma s’interruppe perché anch’egli fu assalito dall’odore dei carpacci e degli arrosti. Sniffò ed espirò.
<<Mitico? Che vuoi dire?>> s’incuriosì il giovane. Ma il padre non gli prestava attenzione perché intento a chiamare l’oste. <<Papà? Puoi spiegarmi?>>
<<Ebbene, questo posto è entrato nel mito. Queste assi di legno che vedi furono montate molto tempo fa, da un uomo che è riconosciuto come l’eroe delle nostre terre. A quel tempo gli eroi erano veri eroi, non omuncoli da strapazzo che si fanno chiamare tali e si fregiano del titolo per accaparrarsi mille vantaggi…>> disse malinconico, osservando le movenze prepotenti e sfacciate di un cavaliere che giocava con una donna davanti a tutti. L’oste si avvicinò al tavolo.
<<Perdonate signore, quel cavaliere è un ospite speciale del re, pare lo stia aiutando a risolvere i problemi di gola di un drago. E ha bevuto troppo.>> si scusò. <<Ma i signori sanno già cosa vogliono mangiare?>>
Ordinarono carpaccio a volontà, un piatto speciale del luogo per cui, pagando solo dieci soldi, si poteva ricevere carpaccio fino allo sfinimento.
<<Dicevo>> continuò l’uomo voltandosi verso il ragazzo, <<dicevo che questa taverna è stata fondata da un eroe, molti anni fa. Se vuoi ti racconto la storia, figliolo.>>
<<Certo!>> rispose il pargolo, che amava nutrirsi delle storie di eroi, magie e grandi guerre.
<<Va bene allora. Una volta, tanto tempo fa, due uomini entrarono in questa taverna. Fuori pioveva molto forte ed incessantemente da circa tre giorni. L’intero villaggio andava in giro praticamente in barca. La sala del Cavallo Mangiato si era salvata perché posizionata in altura, e molti abitanti vi si erano rifugiati per ripararsi dall’umidità. Il proprietario li accolse tutti: offrì loro un posto letto e un pasto caldo. Dei due uomini, uno era robusto, alto, forse molto agile, portava una spada dall’elsa decorata brillantemente con motivi guerreschi. L’altro, invece, era basso, privo di barba, probabilmente un ragazzo della tua età. Quando si furono seduti, chiamarono l’oste per ordinare ed iniziarono a confabulare. Ogni tanto guardavano a destra e sinistra come spaventati che qualcuno li potesse sentire. Erano così occupati a girarsi a destra e sinistra, che non badarono di guardare sotto. C’era un bambino vicino al loro tavolo che giocava con le macchinine agricole proprio sotto i loro piedi. Quel bambino li udì, mentre raccontavano la terribile leggenda… quel bambino ero io.>>
<<Quale leggenda, non mi tenere sulle spine!>>
<<La terribile leggenda del Cavaliere Nero!>>
A quel nome il ragazzo saltò sulla sedia. Non bastarono le estremità dell’intreccio di vimini del poggiaschiena, che puntualmente s’erano impigliati nei mille pertugi del tessuto dei suoi pantaloni; né bastò il peso gravitazionale dei chili di carpaccio che aveva ingurgitato fino a quel momento, equivalenti a circa due cavalli, a mantenere saldo il suo sedere. Ma non saltò tanto per il cavaliere, quanto per il fatto che fosse Nero, nero come il buio, come il male, come l’uomo nero, come l’insidiosa e poetica notte, come la paura…
<<Ragazzo>> disse il padre <<se però hai intenzione di cominciare così, stiamo a posto! Immagino come potresti reagire se ti parlassi del Signore Oscuro!>>
All’udire Oscuro il ragazzo saltò di nuovo sulla sedia, e il suo peso unito a quello dei due cavalli misero a dura prova il povero intreccio di vimini che, sì, era forse un po’ colpevole del rovinare le braghe ad ogni avventore, ma di certo non si meritava d’essere sfasciato. Non saltò tanto perché ci fosse questo tale Signore, piuttosto perché era Oscuro, oscuro come il buio, come il male, come l’uomo nero, come la notte, come la paura.
<<Vabbé, manco a dirlo…>> constatò il padre. <<Comunque, all’epoca il Signore Oscuro comandava sulla terra di Mezzo, la terra di Sopra e quella di Sotto, praticamente s’era pappato tutte le terre del nostro amato Regno del Panino. Egli, usando dei sortilegi oscuri quanto se stesso, aveva costretto i corpi d’arme dei reami a soddisfare la propria volontà e, così facendo, aveva conquistato ogni landa esistente, ad eccezione delle terre di Sotto. Non v’era luogo, Sopra e nel Mezzo, per quanto ascoso o protetto, in cui il Signore Oscuro non perpetrasse le sue malvagità e prepotenze inaudite, come sottrarre i gelati ai bambini e impedire a Babbo Natale di visitare la gente. Il popolo lo odiava, ma nessuno riusciva o voleva ribellarsi al suo potere. Tranne un uomo: il cavaliere Nero.>> disse portandosi una fetta di carpaccio con scaglie di grana alle labbra. Deglutì.
<<Del cavaliere Nero non si sa molto. I due ospiti della taverna riportarono i seguenti fatti biografici. Il cavaliere Nero era nato in una landa più a nord di questo posto e le sue tecniche di combattimento si erano temprate nei freddi inverni delle Montagne Freddissime, e in particolare sul leggendario monte di Brrr. Utilizzava soltanto un paio di pugnali affilatissimi e un po’ più lunghi dell’usuale, donatigli da un saggio guerriero ormai vecchio ritiratosi a vita privata su Brrr. La velocità con cui brandiva quelle lame, l’agilità con cui le voltolava nell’aria, la precisione con cui le affondava… erano traguardi inarrivabili per ogni altro essere umano. In anni ed anni di duro addestramento divenne il guerriero più forte del Regno del Panino. L’unico in grado di sconfiggere il Signore Oscuro.>> Un altro pezzo di carpaccio affondò nella sua gola e s’impastò ad una boccata di idromele.
<<Le prime manifestazioni del Cavaliere Nero avvennero al limitare dei piccoli villaggi delle terre di Mezzo. Lì campeggiavano divisioni poco numerose al servizio del Signore Oscuro, quindi per uno abile come il nostro eroe non ci volle molto a debellarle. Uccideva chiunque cercasse di fermarlo. Una volta uccise una donna che si era innamorata di lui perché lo distraeva dalla sacra missione cui si era votato. Presto il Signore Oscuro venne a conoscenza del mitico cavaliere ed interpellò i suoi sapienti maghi per trovare una via d’uscita e risolvere il problema una volta per tutte.>>
<<E cosa gli suggerirono i maghi?>> chiese il ragazzo, completamente catturato dal racconto del padre, eseguito tra un masticare e un deglutire.
<<Niente. Gli dissero di lasciar perdere e che, per una volta, le profezie degli antichi Maghi Onniscienti prevedevano che in quell’era il male avrebbe prevalso sul bene, l’Oscurità sulla Luce. Ma, aggiunsero, se avesse voluto assicurare il suo dominio avrebbe dovuto assolutamente impossessarsi dell’arma più potente del Regno del Panino: il famigerato Fischietto di Pan, uno strumento musicale magico che permetteva al suo suonatore di controllare la volontà di chiunque egli volesse. Il fischietto era custodito nelle terre di sotto, purtroppo ancora sotto il controllo del re Sottone I, ostile a sua oscura signoria e baluardo della resistenza. Il Signore Oscuro fece una risatina malvagia e si ritirò nelle sue stanze a giocare a poker con gli amici. Passò qualche giorno, e  sferrò un micidiale attacco alle terre di Sotto per obbligarle a sottomettersi e recuperare la mitica arma magica. Purtroppo per lui, anche il Cavaliere Nero era alla ricerca del fischietto di Pan. Negli ultimi tempi, al posto di sprecare tempo in scaramucce con l’esercito Oscurissimo, si era dedicato allo studio attento dei testi antichi, vergati dai Maghi Onniscienti quando erano ancora maghetti da strapazzo che frequentavano l’asilo. Essi custodivano i segreti del Regno del Panino, anche se in una forma piuttosto rozza e sintetica, a mo’ di appunti. In ogni caso, quei testi gli avevano rivelato che il fischietto di Pan era nascosto in una grotta sacra delle terre di Sotto. Così egli arricciò il naso, si portò la mano al mento ed iniziò a pensare “Da dove cavolo si scende nelle terre di Sotto?”.>>
<<Come fece allora? Dai, continua a raccontare!>> lo incitò il ragazzo. L’uomo sorrise. Per una volta, sentiva che suo figlio gli voleva bene, nonostante egli avesse tradito la madre con ben cinque prostitute e l’avesse lasciata a morire di fame e incinta in un villaggio distante un centinaio di chilometri dalla taverna. Sentì che il figlio capiva le sue ragioni. Sì, doveva continuare a raccontare, doveva farlo per suo figlio, il suo unico figlio (o almeno l’unico riconosciuto).
<<Fu in quel momento che trovò qualcuno che lo aiutasse. Accadde in una taverna simile a questa, ma molto distante. Mentre mangiava a sbafo un piatto di fagioli, una figura esile si accomodò di fronte a lui. Era il più famoso mago del Regno, il mago Cialtrone. Era famoso per sbagliare novantanove volte su cento, ma il Cavaliere Nero non lo sapeva perché aveva perso tutta la sua infanzia e la sua gioventù sul monte Brrr a giocare al ninja. Dopo essersi presentato iniziò a parlare e gli Spiriti solo sanno quanto a lungo conferì. In poche parole, cercò di convincere il Cavaliere Nero che aveva una idea su come prendere il fischietto di Pan e sconfiggere il Signore Oscuro, e cercò poi di convincerlo che quelle sue idee appartenevano al’1% della casistica. Propose di passare per le viscere del Monte Fatto ed entrare nelle terre di Sotto dal punto meno sorvegliato. Il Cavaliere scosse il capo, ma il mago incalzò. Oltrepassate le segrete porte degli Avi, erette a sorvegliare il valico verso la gloriosa città di Epicentro, avrebbero preso una scorciatoia per giungere alla grotta segreta in cui il fischietto era custodito. Infine, il mago stesso avrebbe disattivato l’esplosivo e le telecamere di sorveglianza con un incantesimo, per permettere al Cavaliere Nero di raccogliere la sua arma, quell’arma magica che avrebbe consentito al mondo di ritrovare la pace. Il mago Cialtrone fu così convincente che il Cavaliere Nero accettò. La mattina dopo s’incamminarono nella direzione del monte Fatto.>>
<<Trovò il fischietto di Pan?>>
<<Beh, sì. Ma prima dovette affrontare l’ira del Signore Oscuro. Non si sa per quale motivo, forse qualche uccello impiccione, qualche belva mutaforma al servizio del male… non si sa, ma il Signore Oscuro venne a sapere della ricerca del Cavaliere Nero, del suo aiutante Cialtrone e del preciso itinerario che i due sconsiderati avrebbero percorso. Mandò una pattuglia di soldati scelti sulle loro tracce. E anche qui, non si sa perché abbia mandato una decina di uomini quando lui, il Signore Oscuro, poteva disporre di migliaia di soldati. Nel frattempo, il Cavaliere Nero ed il suo compare erano giunti alla periferia di Epicentro e s’incamminarono verso la grotta. Il mago Cialtrone sembrava veramente un profondo conoscitore di quelle lande senza luce. Guidò il cavaliere, ed entrambi raggiunsero la grotta in un paio di giorni dall’inizio del viaggio. Il mago disattivò le telecamere dopo aver impresso un dito medio sull’ultimo fotogramma; “Tiè, re Sottone I, la prossima volta impari a non darmi il tuo appoggio!” farfugliò contento. L’ultima protezione del fischietto era una copertura magica che solo il mago poteva eludere, ma gli occorreva tempo per formulare l’incantesimo. Purtroppo, di tempo ce n’era poco. I soldati scelti penetrarono nell’angusto nascondiglio (in realtà avevano già visto entrare le loro vittime; decisero di intervenire quando erano all’interno per aumentare la sorpresa), e minacciarono il Cavaliere Nero di morte se non avesse consegnato loro il fischietto. “Mai!” urlò l’eroe, terribile. Gli occhi gli si colorarono di viola per la rabbia ed anche la stanchezza e la fame, e si lanciò selvaggio sui nemici roteando i pugnali. In circa sessanta secondi tutti i soldati scelti erano morti. Il Cavaliere Nero rinfoderò i pugnali dopo aver pulito il sangue sul mantello di uno dei malcapitati. “Adesso il fischietto di Pan è mio” disse, ed il mago Cialtrone aggiunse “Una volta che porterai questo fischietto, il Signore Oscuro non potrà più fermarti!”.>>
<<Così il cavaliere sconfisse il cattivo e vissero tutti felici e contenti?>>
<<Non proprio. Accadde che il cavaliere il mago ed il fischietto si recarono poi alla città di Talpa, la capitale delle terre di Sotto. Proprio in quel punto il Signore Oscuro stava per sferrare il suo attacco alle truppe del re Sottone I che, per quanto antipatico, gli resisteva da tempo. Ma Sua Oscurità non aveva fatto i conti col Cavaliere Nero. Egli si portò al centro del campo di battaglia, tra lo schieramento del re Sottone I e quello del suo acerrimo nemico. Urlò al signore delle tenebre di tirare fuori le palle e combatterlo. Urlò che aveva il fischietto di Pan e che lo avrebbe sconfitto ripristinando la pace nel Regno del Panino. Urlò che lo avrebbe rinchiuso nelle peggiori e più maleodoranti segrete del Regno, a marcire per l’eternità. Poi provò anche ad urlargli che era un codardo malefico, ma non ebbe più voce. Il Signore Oscuro, dal canto suo, urlò che gliela avrebbe fatta pagare. E gli scagliò contro tutto l’esercito con un solo schiocco delle dita.>>
<<Per gli Spiriti! Tutto l’esercito! Era veramente un codardo tiranno malefico! Quel Signore Oscuro! Il cavaliere sfruttò il potere del fischietto?>>
<<Certo. L’esercito Oscurissimo produceva un gran polverone e galoppava, correva verso il suo bersaglio. Quando fu a circa cento metri, il Cavaliere Oscuro estrasse il miracoloso fischietto di Pan e lo suonò. Quella musica potente stridette negli orecchi del Signore Oscuro come, appunto, lo stridio di un utensile metallico sulla superficie di un piatto, e lo costrinse a divincolarsi per esprimere il ribrezzo. Il Cavaliere Nero sentì il potere del fischietto pervadere il suo corpo, entrargli da un orecchio ed uscirgli dal naso, poi entrare dalla bocca ed uscirgli dal retro, in un gioco di luci meraviglioso e spettacolare. Poi gli uscì del tutto, ed egli sentì il potere abbandonarlo. Per compenso, gli apparve uno spirito con le fattezze di un orsetto lavatore. “Cavaliere”, disse l’animale, “Il fischietto di Pan può essere suonato soltanto dal prescelto, il Fischiatore”. Il Cavaliere Nero fece solo “Eh???????”. “E’ inutile opporti, cavaliere”, continuò il mammifero, “le profezie parlano chiaro. Solo il Fischiatore può liberare il potere del fischietto di Pan! Addio! E buona fortuna con l’orda che sta per calpestarti!” e sparì.
Il Cavaliere osservò il polverone dell’Oscurissimo avvicinarsi sempre più. Guardò di sbieco il mago Cialtrone che lo ricambiò con uno sguardo di traverso e un sorrisetto come a dire “Ci ho azzeccato circa il Monte Fatto, circa la grotta, circa la conquista del fischietto. Dovevi pur pensare alle statistiche, amico mio, quando hai creduto anche alla sconfitta del Signore Oscuro!”. Il nostro eroe cadde in ginocchio abbandonando i pugnali. Aveva preso fiaschi per fischi, anzi per fischietti. Portò le mani ai capelli ed iniziò a piangere di un pianto molto lento e straziante. Disse delle cose orrende sul mondo, sul fato, sulla giustizia, disse che non era giusto che un cavaliere si facesse il mazzo per liberare il mondo dal male e poi dovesse mandare tutto a prostitute per un minchia di fischietto e di profezia. Disse che non se ne poteva più di quelle cacchio di profezie e degli eletti come il Fischiatore… ma chi lo aveva eletto?”. In ogni caso, la sceneggiata non durò a lungo perché il Cavaliere Nero comprese di doversela dare a gambe levate. Approfittando del polverone e della confusione si dileguò.>>
<<Per gli spiriti d’orsetti! Papà, quindi il Cavaliere Nero non salvò il Regno?>>
<<No. Se la squagliò bestemmiando il mago e le profezie tutte. Cambiò vita. Girò da un villaggio all’altro, fino a giungere in queste terre, dove prese moglie e costruì questa eccellente taverna in cui l’idromele scorre come l’acqua e il carpaccio…per gli spiriti, il carpaccio è eccezionale! All’inizio la chiamò Taverna del Cavallo Rampante; in seguito, poiché tra quelle mura il nobile animale rampava solo nei piatti, cambiò il nome in quello che sappiamo, la Taverna del Cavallo Mangiato. Alla fine della sua avventura comprese una cosa molto importante, che rimane tutt’oggi il più grande insegnamento di quell’eroe senza tempo. Niente, che sia una guerra contro il male o il salvataggio del mondo intero da chicchessia, niente vale quanto un paio di brasciole! Che poi è il piatto che sto per ordinare come seguito del carpaccio!>> e rise di gusto.
Il ragazzo lo seguì nella risata. <<Cosa accadde al Signore Oscuro?>>
<<Il Signore Oscuro conquistò tutto il Regno del Panino e lo governò con saggezza ed efficacia. Alla fine, era un vecchio mattacchione a cui piaceva sentirsi bambino e rubare i gelati, e ce l’aveva con Babbo Natale per l’infanzia difficile, ma aveva un gran cuore. Assieme ad un po’ di mire espansionistiche, questo è certo. Tuttavia, sotto il suo regno la gente trovò di nuovo la pace. Dopo qualche anno smise anche di cercare il Cavaliere Nero pensandolo morto. Oggi il Regno del Panino è governato da suo nipote, Oscuro Junior, che tutti chiamano Oscar perché fa trendy. Non importa però come è andata. Il Cavaliere Nero rimane ancora oggi un esempio di coraggio e perseveranza. Che colpa ne aveva se aveva creduto ad uno stupido mago ed alle sue sciocchezz..>>
Non fece in tempo a terminare la frase che un baluginio colpì le sue labbra bruciacchiandole. Una piccola fiammella principiò a risalire i baffi rampicanti ma fortunatamente si arrestò. L’uomo rimase terrorizzato e si bloccò col gomito all’altezza della spalla nell’atto di portare il carpaccio alla bocca. Il ragazzo cercò di individuare l’origine dell’attacco. Oltre il fumo che si era prodotto, e che dava di barbecue, avanzò una figura esile a poco aggraziata, dalla barba lunga e i capelli lunghissimi.
<<La prossima volta, uomo, prima di offendere qualcuno assicurati che non sia nei paraggi!>> esclamò. L’intera taverna aveva lo sguardo puntato sulla scena. Il padre provò a parlare ma un incantesimo tratteneva le sue labbra bruciacchiate.
Fu il ragazzo a prendere la parola. <<Siete…siete il mago Cialtrone?>>
<<Al suo servizio, giovane uomo. O dovrei dire: al suo servizio, Fischiatore>>
Come lo aveva chiamato? Fischiatore? Non poteva aver sentito bene. Lui, un povero ragazzo cresciuto tra un tradimento e l’altro di suo padre, era il leggendario Fischiatore, colui che poteva fischiare il fischietto di Pan ed evitare l’orsetto lavatore.. colui che avrebbe dovuto sostituire il Cavaliere Nero nell’ardua impresa di spodestare Oscar e ripristinare l’ordine del mondo… Si sentì grande, eroico, epico. Avrebbe abbandonato la sua vita senza perché e si sarebbe votato ad una causa più grande. Ma… gli sovvenne allora che l’uomo che lo aveva chiamato Fischiatore era il mago Cialtrone, quello stesso mago artefice della sconfitta del bene. Di fronte allo sgomento totale degli avventori della taverna, il ragazzo emise un urlo fortissimo e scappò via dalla porta, dritto nella pioggia. Il mago Cialtrone gli corse dietro. Gli urlò che la profezia aspettava solo lui, che avrebbe sconfitto il male e salvato i popoli, che non si vedeva un Fischiatore da cinquanta anni e che egli, il grande mago, aveva perso gli ultimi anni della sua vita a rimediare all’errore commesso tempo addietro.
Il ragazzo non ne volle sapere. Dal racconto di suo padre aveva appreso molte cose inutili ma anche un minimo di statistica.

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