giovedì 29 novembre 2012

Il drago con la gola in fiamme


Salute compare!
Quella che andrò oggi a narrare è la storia di un cavaliere, un drago e una principessa. Eh già! Scadiamo in una irreprensibile banalità… o forse no.
Come le leggende narrano i draghi sono esseri fra i più saggi, posseggono immensa forza e sono custodi delle più remote storie che il tempo abbia mai osservato. Però, quelle stesse leggende, raccontano del cieco odio dei draghi verso ogni forma di vita: raccontano di distruzione, di città rase al suolo dalle loro fiamme, di continui spargimenti di sangue per attaccare il regno di 8mq di un chissà quale re. Proprio l’atteggiamento che ci si aspetta dalle creature più sagge, forti e custodi della memoria del mondo. Vabbé...
Invero, le cose andarono un po’ diversamente da come i vincitori raccontano le proprie storie.
Un tempo i draghi vivevano in pace con gli uomini, permisero la loro evoluzione da meri australopiteci a homo sapiens. Sapiens! Chi volete che abbia insegnato all’uomo la parola “saggio” se non i draghi che per l’appunto erano saggi e, giustamente, volevano essere definiti tali?
Ciò non vuol dire che i draghi fossero bramosi di gloria e regnassero sugli umani! Anzi! Siccome erano saggi e, dunque, sapevano di non sapere, erano curiosi di osservare questi piccoli esseri a due zampe e le sorprese che avrebbero potuto riservare nel corso della loro evoluzione. Un po’ come Gandalf con gli Hobbit insomma (cit. Bilbo Baggins! non prendermi per uno squallido stregone da quattro soldi! non cerco di derubarti! …cerco di aiutarti).
I draghi svolazzavano qua e la, videro le prime corti dei re nascere e prosperare, aiutavano le signore ad accendere i fuochi per cucinare la cacciagione procurata dai mariti e pescavano i pescatori per salvarli dalla furia delle tempeste. Facevano anche altro, beninteso. Ma la cosa più curiosa fu la loro passione per la birra, invenzione umana che a loro piacque tanto, ma proprio tanto!
I più piccoli, che viste le dimensioni ridotte erano in grado di passare attraverso i portoni più alti, restavano a corte e facevano amicizia con principi e principesse. Giocavano con loro a cavalluccio (non i draghi sulle principesse! che avete capito?!) ed erano talmente carini e coccolosi che facevano le fusa.
Un giorno, in una corte, un piccolo cucciolo di drago, Wyrm (che vuol dire cucciolo di drago, che fantasia!), si beccò l’influenza: era l’ultima settimana di Ottobre, faceva un caldo pazzesco e improvvisamente una notte arrivò il freddo prendendo di soppiatto l’apparato respiratorio del povero draghetto. Nei giorni seguenti il drago aveva il naso chiuso e il re fece approntare un’intera stanza con dell’acqua calda affinché il drago potesse fare l’aerosol per cercare di liberare le vie respiratorie. Ma i draghi, si sa, sono abituati a temperature ben più alte perciò il vapore non ebbe efficacia. La principessa, figlia del re, gli stava sempre accanto procurandogli ulteriore dolore e pena perché, a differenza di quello che si sa, era veramente brutta. Il draghetto le voleva bene perché sua madre gli aveva detto di proteggerla, però era brutta. Un giorno arrivò una strega cattiva e disse alla principessa: mangia questa mela se vuoi essere bell… ah no quella era un’altra storia, chiedo scusa.
Tornando a noi. In quei giorni venne a corte un cavaliere dall’armatura… splendente. Sì, è era splendente per davvero! Era passato poco prima dal meccanico a farla riverniciare e lucidare! Il re lo accolse calorosamente, gli offrì un pasto e della buona birra. Parlarono di regni lontani e gesta eroiche, si scoprirono entrambi appassionati di salto con l’asta e tifosi accaniti dell’Arsenal. Il re ordinò che la migliore stanza della taverna del Cavallo Mangiato fosse messa a disposizione del cavaliere. Avrebbe voluto predisporre una stanza a palazzo, ma, vista l’influenza del drago, preferì evitare il diffondersi del virus. Anche perché avevano inventato la TV per vedere le partite dell’Arsenal su SkyCalcio HD ma l’Aspirina era ancora un Work In Progress perché il governo non stanziava abbastanza fondi per la ricerca.
Il cavaliere, fattasi sera, andò a riposare. L’oste della taverna ne ebbe subito gran riguardo, offrendogli un buon carpaccio di cavallo (olio, pepe, sale e grana: specialità della casa) e una gentil donzella che lo aiutasse a togliersi l’armatura, sempre rifulgente, prima di andare a dormire.
L’indomani, il cavaliere tornò a corte soddisfatto e riposato. Il re decise che, non avendo figli maschi, un tifoso dell’Arsenal sarebbe stato il partner ideale per la propria, unica, figlia: avrebbe portato avanti la tradizione di famiglia! e così ordinò che ella fosse fatta entrare affinché i due si conoscessero.
“Ciao!”, la principessa rimase subito folgorata da cotanto splendore.
“…ciao”, il cavaliere restò con gli occhi sgranati che il buon re e buon padre interpretò come risposta istintiva alla bellezza della fanciulla. La verità è che il cavaliere sentì risalire il carpaccio della sera prima e, soltanto spostando lo sguardo alle spalle della principessa, riuscì a trattenerlo.
La giornata passò e il cavaliere si rese conto che la ragazza non brillava neppure per intelligenza o simpatia. Niente, nisba, nada. Ma ormai non c’era più nulla da fare, il re aveva deciso e la punizione era ben nota: passare la vita a guardare tutte le partite del Tottenham. Il matrimonio era fissato per quando il rischio influenza fosse passato (dunque era più variabile che fissato ma vabbé). Quella notte c’era una sola certezza: tornare alla taverna del Cavallo Mangiato e usufruire del servizio di assistenza in rimozione armature.
La principessa e il re, come ogni sera, andarono a trovare il povero draghetto ammalato ma qualcosa era cambiato: il suo sistema immunitario si era arreso e le trincee costruite con tanto impegno attorno alla gola cedettero, procurando al povero draghetto una forte laringite.
Il cucciolo era abbattuto, accovacciato sulle sue zampe con gli occhi lucidi. La principessa si avvicinò al suo muso e lo accarezzò con la mano.
“Come ti senti?” chiese lei con la voce dolce, l’unica cosa bella che aveva.
Il draghetto sorrise e le rispose:
“Starò meglio! Mamma Wyvern (che vuol dire drago femmina, strafantasia!) domani mi porta la medi…cough!” e la principessa finì abbrustolita.
Grande fu la disperazione del re per la tragica perdita della sua unica progenie.
“Sia chiamato il cavaliere dell’Arsenal! (non gli ho dato un nome quindi pace) Il drago ha ucciso la principessa! A morte il drago!” urlò.
Il cavaliere, che intanto era concentrato su un certo tipo di attività alla taverna, non poté concludere il suo operato in cui aveva riposto cotanta attenzione. Ciò gli procurò un’ira così grande che decise di ubbidire al re e cacciare il drago che, con un altro colpo di tosse fece, nel mentre, crollare una parete del castello e si decise a scappare.
Il cavaliere indossò l’armatura splendente con non poche difficoltà e cavalcò verso Ovest con non pochi dolori prima di rendersi conto che l’aveva confuso con l’Est, direzione in cui il drago era stato visto dirigersi. Cambiò direzione e ormai i dolori erano passati, impiegò pochi minuti per vedere il drago, fra le prime luci dell’alba, fermo con le fauci aperte sotto una vicina cascata.
E a quella visione, il cavaliere rinsavì. Lui era stato, sì, interrotto ma il drago aveva problemi di pari importanza e sentirsi cacciati per un mal di gola dalla propria casa non doveva certo essere bello. Si rese conto, poi, che il suo più grave problema era stato risolto: nessuna principessa da sposare. Così andò dal drago lasciando lancia e spada vicino al cavallo e gli chiese una squama così da provare la sua morte. Wyrm accettò e riprese a bere acqua ghiacciata per portare sollievo alla propria gola.
Il sole stava ancora salendo quando il cavaliere rientrò, con l’armatura ancora splendente, a corte. Il re acconsentì ad esaudire un qualunque desiderio e dopo poco ebbe un nuovo erede e una nuova figlia, adottiva: la prostituta della taverna del Cavallo Mangiato. Lei sì, che meritava la corona!

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