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<<Hai visto cosa hai combinato?>>
sbottò John, guardando Zhang in cagnesco. I suoi occhi, castani, un po’
allungati, lasciavano trapelare la rabbia del giovane. Zhang, dal canto suo,
era sicuro che il compagno avrebbe presto pronunciato la magica frase.
<<Te lo avevo
detto!>> incalzò l’altro, mentre picchiava con la mano il povero tavolo
sospeso al centro della stanza.
<<Come potevo
sapere?>> si giustificò Zhang, <<come potevo immaginare che il
mostrare a quel giovane la vacuità dell’essere ricchi senza motivo lo avrebbe spinto
ad abbandonare le sue fatiche, per darsi in mano proprio al mostro da cui
volevamo farlo scappare?>>.
<<Come potevi? Bastava che
mi ascoltassi, testa di cavolo!>> urlò John, lanciando un ultimo pugno al
tavolo sospeso, il quale si abbassò per qualche istante e, non appena la furia
dell’urto si fu dissipata, ritrovò l’equilibrio
gravitazionale riportandosi alla solita altezza. <<Sai benissimo che la
gente del secolo scorso non ragiona come noi. Hai fatto il solito errore di chi
applica gli schemi odierni alla mentalità del passato>>.
<<Scusa, professorone, se
la mia saggezza non è adeguata al tuo livello!>> esclamò Zhang, aprendo
le braccia e scuotendole con forza. In realtà, sapeva bene che l’amico aveva
nutrito grandi speranze per l’operazione e che, adesso, la delusione per
l’insuccesso adombrava il raziocinio.
John Descent Chan Jii e Zhang
Morrison Lafayette erano amici dai tempi della scuola elementare. Avevano
studiato insieme fino agli ultimi anni di università, quando Zhang aveva
abbandonato gli studi per dedicarsi al lavoro mentre John era diventato
dottore. Entrambi lavoravano, a livelli differenti, presso un’azienda che si
occupava di elettronica ad alta precisione. La città in cui risiedevano ed
operavano era il capoluogo della regione Apulien, all’estremo sud dello stato
Tedanglofranco, della Repubblica Federale delle Cine Occidentali. Benché la
lingua ufficiale fosse il cinoamericano, molta gente dell’Apulien usava come
dialetto una variante dell’italiano antico risalente all’anno 2050, la quale
prevedeva il troncamento delle parole ed una strana cadenza di matrice franco-orientale
per la loro pronuncia. La pratica delle lingue defunte non era ben vista ai
piani alti, così come la pratica dei riti arcani quali il convivio a base di
pizza che non fosse approvato dalla McDonald Corporation e dalla East Soja
Entertainment. Il piano riformatore delle autorità aveva disapprovato con forza
quei gruppi associativi che effettuavano ricerche storiche, in quanto “Scavare
nel passato non porterà indietro i caduti, anzi, riaprirà le ferite nel tessuto
sociale della nostra amata nazione. Dovremmo guardare avanti, e diventare tutti
più uniti, invece di ricordare ciò che era motivo di divisione”. L’effetto
delle ultime leggi, tuttavia, era stato quello opposto. La gente sembrava
desiderare il passato più di ogni altra cosa. Nell’oscurità, in luoghi poco
raccomandabili dove qualche anno prima si celebravano il sesso e la nudità, s’iniziò
a discutere di storia (in barba alle modelle che s’annoiavano tutto il tempo).
Nei caffè, in cui l’espresso aveva da decenni lasciato il posto a bibitoni
insapori, si tornò a discorrere dei dialetti e nei dialetti, ripescando termini,
quali tostatura all’italiana e priscio, ormai persi nelle nebbie del
tempo. Nei ristoranti, i cuochi cercarono di ricreare i sapori di una volta, le
atmosfere di una volta, arrivando perfino ad associare la bellezza esteriore
della ricetta alla bellezza musicale dell’antico termine che la identificava.
Il tutto, ovviamente, senza che le autorità se ne accorgessero troppo.
Di fianco al sentimento popolare erano
nate anche diverse associazioni culturali il cui scopo era quello di
ripristinare i fasti antichi. Fu in quel periodo che John e Zhang s’erano
iscritti alla Imperium, la più
estremista fra tutte, con l’obiettivo ambizioso di restaurare l’impero romano
d’occidente con Roma caput mundi. Questo
club si situava a metà tra un’associazione di ricercatori e scienziati, ed un’associazione
di stampo politico. Infatti, tra i programmi ufficiali v’era quello di studiare
la storia e l’archeologia, producendo mezzi e metodi innovativi per l’analisi
storica. Tra i programmi ufficiosi, v’era quello di scoprire come effettuare
viaggi nel tempo per sovvertire l’ordine mondiale. E, su questo versante, i
progressi tecnologici degli ultimi anni erano stati grandiosi. Un collega di
John, anch’egli dottore, un certo Danilo Lee proveniente da una zona dell’entroterra
che le antiche mappe di TomTom denominavano Murjiak,
aveva scoperto un modo per trapassare le barriere temporali e trasportare
molecole da un’epoca all’altra. Ovviamente, la sperimentazione era soltanto all’inizio.
Innanzitutto, la scoperta non era stata resa pubblica per evitare il panico
delle autorità e della gente comune, e per evitare che qualcuno la usasse per
fini personali che non coincidessero con quelli dell’associazione; inoltre, il
trasporto temporale funzionava per poche molecole, pertanto non era possibile
trasportare persone umane ma solo piccoli composti.
La scoperta aveva messo di ottimo
umore il capo dell’associazione Imperium, tale Caesar Roosveltino Tong, che
tutti chiamavano Musone per la sua eccessiva tendenza alla nostalgia patologica.
Anzi, si potrebbe dire che, per la prima volta, gli associati intravidero in
lui dell’entusiasmo. Caesar aveva deciso
di sfruttare la tecnologia per interferire col passato e cambiare il corso
delle cose. Così, aveva chiesto al fior fiore degli scienziati dell’associazione
di determinare quell’evento unico che, secondo loro, avrebbe causato il cambiamento
desiderato della storia, il cambiamento che avrebbe evitato all’Italia, patria
dei Cesari, quel giogo economico e sociale che le altre nazioni europee come la
Francia, l’Inghilterra e la Germania le avrebbero messo nel ventunesimo secolo.
Quel cambiamento che avrebbe evitato che l’Europa, distratta dai conflitti
interni, diventasse prima colonia degli Stati Uniti (con il benestare dell’Inghilterra,
che si era definita “neutrale”) e poi colonia della Cina, tanto da cambiare il
proprio nome da Europa a Cine Occidentali. Quel cambiamento che, finalmente,
avrebbe dato a tutti loro la speranza di una vita diversa.
<<La chiameremo Vita Nova>> aveva dichiarato il
Musone ai suoi associati, citando un vecchio poeta dimenticato.
Il fior fiore degli scienziati
aveva allora eseguito innumerevoli ricerche in tutti gli archivi digitali
disponibili, in tutti i documentari/filmati recuperati e restaurati. Alcuni
avevano rintracciato un vecchissimo documentario animato che, a detta loro, insegnava
la storia ai bambini. Le immagini, anche se con pixel ingialliti, mostravano le
avventure di un gruppo di animali in ere primordiali. Qualche giorno dopo, il
gruppetto di scienziati aveva illustrato la propria idea all’associazione.
<<Signori e signori,
abbiamo l’evento unico che tutti
cercavamo. Spulciando antichi reperti, abbiamo trovato un documentario che
spiega la storia in modo semplice ed accessibile. Tale documento racconta, con
chiarezza e ricchezza di dettagli, l’odissea di un piccolo scoiattolo alla
ricerca della sua ghianda. Poveretto!>> esclamò il capo ricercatore. E
qui tutti gli spettatori si commossero levando un “Oooh!” all’unisono.
<<Secondo le nostre analisi
e proiezioni statistiche, se riuscissimo a fare in modo che quell’esserino primordiale
abbia la sua ghianda, l’impero romano non conoscerà fine e si protrarrà, con le
naturali evoluzioni, sino ai giorni nostri.>>.
<<Ma scusate>>
interruppe un associato da tutti considerato troppo pedante, <<cambiando
così tanto il corso della storia potremmo non essere mai nati!>>.
<<Il fatto che tu non sia
mai nato, ha i suoi vantaggi!>> rispose il capo ricercatore, suscitando
un grosso applauso. <<Comunque, scherzi a parte, l’idea è la seguente: possiamo
usare il trasporto temporale per mandare nel passato una ghiotta ghianda (altre
risatine del pubblico) e fermare le sofferenze dello scoiattolino!>>.
Il Musone aveva approvato il
piano, sebbene alcuni associati fossero scettici circa la sua efficacia. John e
Zhang erano fra gli scettici. Secondo loro, la ghianda allo scoiattolo non
avrebbe cambiato un bel nulla. Assieme ad un piccolo gruppo, avevano messo in
piedi un’attività parallela all’associazione, in cui cercavano di capire il
come ed il perché l’Italia avesse sofferto tanto nel ventunesimo secolo. La
risposta non era semplice, tutt’altro. Tuttavia, ne avevano individuato la
principale ragione in un declino culturale, che s’accompagnava al declino dell’identità:
una incapacità di prendere decisioni, di gestire il sociale, la finanza, le
ingerenze degli altri Paesi, dovuta alla sostanziale mancanza di idee, di
spirito d’avventura e di un po’ di coraggio (mostrare i denti al momento
giusto).
John e Zhang avevano deciso di
anticipare la mossa del Musone e spedire qualcos’altro indietro nel tempo,
qualcosa che desse alla gioventù del ventunesimo secolo uno spunto su cui
riflettere.
Zhang guardò John, che
circumnavigava nella stanza prendendo occasionalmente a calci il povero tavolo
sospeso. <<Decidemmo insieme di mandare una pietra della memoria a quel
ragazzo, lo sai bene. Anzi, ti ricordo che fosti tu, proprio tu, a incapsulare
nella pietra la vita di quel Tonino, per poter inviare al ragazzo il “brutto
esempio”. Quindi non te la prendere solo con me!>> si giustificò Zhang.
John si fermò. <<Sì, ma
fosti tu a proporre di incapsulare la vita di Tonino… non ne ero convintissimo
e adesso sono certo che non dovevo esserne convinto!>>
<<Vabbè, ormai è fatta…
nessuno è a conoscenza di questo nostro tentativo fallito e nessuno ci biasimerà.
La ghianda è pronta, e dopodomani il Musone la manderà indietro nel tempo.
Tranquillo.>>
<<Il fatto è che biasimo me
stesso, amico mio>> disse John <<speravo tanto in questa cosa…>>.
<<Ti capisco, anch’io ci speravo
tanto.>> rispose Zhang. Ed allungò un calcio al tavolo sospeso.
<<Allora, che facciamo, andiamo via prima che qualcuno ci scopra?>>
chiese.
John si guardò attorno
velocemente, poi portò la mano al mento. <<Non mi va che le cose
rimangano così…>>
<<Che ti frulla in
testa?>>
<<Vedrai, amico mio>>
rispose John, <<vedrai>>. E tornò al trasporto temporale.
Stavo correndo verso Cinecittà,
virtualmente preso dal provino che avrei sostenuto, quando aprii gli occhi in
una bianca stanza d’ospedale. Mia madre mi teneva la mano. <<Ha aperto
gli occhi!>> urlò alzandosi di scatto. La nonna, che le sedeva accanto,
tentò lo stesso movimento fulmineo ma riuscì solo a far dondolare
pericolosamente la sua sedia. <<Tanto ci siamo già, all’ospedale>>
proferì, provocando le nostre risate.
<<Che è successo?>>
chiesi ad entrambe.
<<Sembra che qualcuno ti abbia colpito con un sasso>>
rispose la madre. <<Eccolo>>, ed indicò il comodino sul mio lato
sinistro. Rimasi colpito dalla forma del sasso. Era praticamente identico a
quello che avevo trovato nel camino, quel sasso strano e miracoloso che mi
aveva rivelato la verità sulla vita. Portai la mano alla testa per grattarmi la
nuca e mi resi conto di essere avvolto nelle bende. <<Cappero!>>
esclamai, <<i miei capelli!>>. Pensai a tutto il lavoro sprecato
del barbiere, ed al mio favoloso pennacchio di cheratina adesso soffocato dalle
fasce. <<Vabbè>> borbottai. Ripensando al tutto, mi parve di aver
vissuto le ore precedenti all’ospedale sulla scia della vita di un altro. Che
ci facevo con quel dannato pennacchio? Che… che diavolo stavo facendo? Guardai
la mamma e la nonna. Decisi di tornare a casa con loro e riprendere i miei
studi. Tra due giorni avrei dovuto sostenere un esame. Ovviamente, avrei
ripetuto in una stanza priva di camino!
FINE
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