martedì 26 marzo 2013

Dai Posteri [Parte Terza]

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<<Hai visto cosa hai combinato?>> sbottò John, guardando Zhang in cagnesco. I suoi occhi, castani, un po’ allungati, lasciavano trapelare la rabbia del giovane. Zhang, dal canto suo, era sicuro che il compagno avrebbe presto pronunciato la magica frase.
<<Te lo avevo detto!>> incalzò l’altro, mentre picchiava con la mano il povero tavolo sospeso al centro della stanza.
<<Come potevo sapere?>> si giustificò Zhang, <<come potevo immaginare che il mostrare a quel giovane la vacuità dell’essere ricchi senza motivo lo avrebbe spinto ad abbandonare le sue fatiche, per darsi in mano proprio al mostro da cui volevamo farlo scappare?>>.
<<Come potevi? Bastava che mi ascoltassi, testa di cavolo!>> urlò John, lanciando un ultimo pugno al tavolo sospeso, il quale si abbassò per qualche istante e, non appena la furia dell’urto si fu dissipata,  ritrovò l’equilibrio gravitazionale riportandosi alla solita altezza. <<Sai benissimo che la gente del secolo scorso non ragiona come noi. Hai fatto il solito errore di chi applica gli schemi odierni alla mentalità del passato>>.
<<Scusa, professorone, se la mia saggezza non è adeguata al tuo livello!>> esclamò Zhang, aprendo le braccia e scuotendole con forza. In realtà, sapeva bene che l’amico aveva nutrito grandi speranze per l’operazione e che, adesso, la delusione per l’insuccesso adombrava il raziocinio.

John Descent Chan Jii e Zhang Morrison Lafayette erano amici dai tempi della scuola elementare. Avevano studiato insieme fino agli ultimi anni di università, quando Zhang aveva abbandonato gli studi per dedicarsi al lavoro mentre John era diventato dottore. Entrambi lavoravano, a livelli differenti, presso un’azienda che si occupava di elettronica ad alta precisione. La città in cui risiedevano ed operavano era il capoluogo della regione Apulien, all’estremo sud dello stato Tedanglofranco, della Repubblica Federale delle Cine Occidentali. Benché la lingua ufficiale fosse il cinoamericano, molta gente dell’Apulien usava come dialetto una variante dell’italiano antico risalente all’anno 2050, la quale prevedeva il troncamento delle parole ed una strana cadenza di matrice franco-orientale per la loro pronuncia. La pratica delle lingue defunte non era ben vista ai piani alti, così come la pratica dei riti arcani quali il convivio a base di pizza che non fosse approvato dalla McDonald Corporation e dalla East Soja Entertainment. Il piano riformatore delle autorità aveva disapprovato con forza quei gruppi associativi che effettuavano ricerche storiche, in quanto “Scavare nel passato non porterà indietro i caduti, anzi, riaprirà le ferite nel tessuto sociale della nostra amata nazione. Dovremmo guardare avanti, e diventare tutti più uniti, invece di ricordare ciò che era motivo di divisione”. L’effetto delle ultime leggi, tuttavia, era stato quello opposto. La gente sembrava desiderare il passato più di ogni altra cosa. Nell’oscurità, in luoghi poco raccomandabili dove qualche anno prima si celebravano il sesso e la nudità, s’iniziò a discutere di storia (in barba alle modelle che s’annoiavano tutto il tempo). Nei caffè, in cui l’espresso aveva da decenni lasciato il posto a bibitoni insapori, si tornò a discorrere dei dialetti e nei dialetti, ripescando termini, quali tostatura all’italiana e priscio, ormai persi nelle nebbie del tempo. Nei ristoranti, i cuochi cercarono di ricreare i sapori di una volta, le atmosfere di una volta, arrivando perfino ad associare la bellezza esteriore della ricetta alla bellezza musicale dell’antico termine che la identificava. Il tutto, ovviamente, senza che le autorità se ne accorgessero troppo.
Di fianco al sentimento popolare erano nate anche diverse associazioni culturali il cui scopo era quello di ripristinare i fasti antichi. Fu in quel periodo che John e Zhang s’erano iscritti alla Imperium, la più estremista fra tutte, con l’obiettivo ambizioso di restaurare l’impero romano d’occidente con Roma caput mundi. Questo club si situava a metà tra un’associazione di ricercatori e scienziati, ed un’associazione di stampo politico. Infatti, tra i programmi ufficiali v’era quello di studiare la storia e l’archeologia, producendo mezzi e metodi innovativi per l’analisi storica. Tra i programmi ufficiosi, v’era quello di scoprire come effettuare viaggi nel tempo per sovvertire l’ordine mondiale. E, su questo versante, i progressi tecnologici degli ultimi anni erano stati grandiosi. Un collega di John, anch’egli dottore, un certo Danilo Lee proveniente da una zona dell’entroterra che le antiche mappe di TomTom denominavano Murjiak, aveva scoperto un modo per trapassare le barriere temporali e trasportare molecole da un’epoca all’altra. Ovviamente, la sperimentazione era soltanto all’inizio. Innanzitutto, la scoperta non era stata resa pubblica per evitare il panico delle autorità e della gente comune, e per evitare che qualcuno la usasse per fini personali che non coincidessero con quelli dell’associazione; inoltre, il trasporto temporale funzionava per poche molecole, pertanto non era possibile trasportare persone umane ma solo piccoli composti.
La scoperta aveva messo di ottimo umore il capo dell’associazione Imperium, tale Caesar Roosveltino Tong, che tutti chiamavano Musone per la sua eccessiva tendenza alla nostalgia patologica. Anzi, si potrebbe dire che, per la prima volta, gli associati intravidero in lui dell’entusiasmo. Caesar  aveva deciso di sfruttare la tecnologia per interferire col passato e cambiare il corso delle cose. Così, aveva chiesto al fior fiore degli scienziati dell’associazione di determinare quell’evento unico che, secondo loro, avrebbe causato il cambiamento desiderato della storia, il cambiamento che avrebbe evitato all’Italia, patria dei Cesari, quel giogo economico e sociale che le altre nazioni europee come la Francia, l’Inghilterra e la Germania le avrebbero messo nel ventunesimo secolo. Quel cambiamento che avrebbe evitato che l’Europa, distratta dai conflitti interni, diventasse prima colonia degli Stati Uniti (con il benestare dell’Inghilterra, che si era definita “neutrale”) e poi colonia della Cina, tanto da cambiare il proprio nome da Europa a Cine Occidentali. Quel cambiamento che, finalmente, avrebbe dato a tutti loro la speranza di una vita diversa.
<<La chiameremo Vita Nova>> aveva dichiarato il Musone ai suoi associati, citando un vecchio poeta dimenticato.
Il fior fiore degli scienziati aveva allora eseguito innumerevoli ricerche in tutti gli archivi digitali disponibili, in tutti i documentari/filmati recuperati e restaurati. Alcuni avevano rintracciato un vecchissimo documentario animato che, a detta loro, insegnava la storia ai bambini. Le immagini, anche se con pixel ingialliti, mostravano le avventure di un gruppo di animali in ere primordiali. Qualche giorno dopo, il gruppetto di scienziati aveva illustrato la propria idea all’associazione.
<<Signori e signori, abbiamo l’evento unico che tutti cercavamo. Spulciando antichi reperti, abbiamo trovato un documentario che spiega la storia in modo semplice ed accessibile. Tale documento racconta, con chiarezza e ricchezza di dettagli, l’odissea di un piccolo scoiattolo alla ricerca della sua ghianda. Poveretto!>> esclamò il capo ricercatore. E qui tutti gli spettatori si commossero levando un “Oooh!” all’unisono.
<<Secondo le nostre analisi e proiezioni statistiche, se riuscissimo a fare in modo che quell’esserino primordiale abbia la sua ghianda, l’impero romano non conoscerà fine e si protrarrà, con le naturali evoluzioni, sino ai giorni nostri.>>.
<<Ma scusate>> interruppe un associato da tutti considerato troppo pedante, <<cambiando così tanto il corso della storia potremmo non essere mai nati!>>.
<<Il fatto che tu non sia mai nato, ha i suoi vantaggi!>> rispose il capo ricercatore, suscitando un grosso applauso. <<Comunque, scherzi a parte, l’idea è la seguente: possiamo usare il trasporto temporale per mandare nel passato una ghiotta ghianda (altre risatine del pubblico) e fermare le sofferenze dello scoiattolino!>>.
Il Musone aveva approvato il piano, sebbene alcuni associati fossero scettici circa la sua efficacia. John e Zhang erano fra gli scettici. Secondo loro, la ghianda allo scoiattolo non avrebbe cambiato un bel nulla. Assieme ad un piccolo gruppo, avevano messo in piedi un’attività parallela all’associazione, in cui cercavano di capire il come ed il perché l’Italia avesse sofferto tanto nel ventunesimo secolo. La risposta non era semplice, tutt’altro. Tuttavia, ne avevano individuato la principale ragione in un declino culturale, che s’accompagnava al declino dell’identità: una incapacità di prendere decisioni, di gestire il sociale, la finanza, le ingerenze degli altri Paesi, dovuta alla sostanziale mancanza di idee, di spirito d’avventura e di un po’ di coraggio (mostrare i denti al momento giusto).
John e Zhang avevano deciso di anticipare la mossa del Musone e spedire qualcos’altro indietro nel tempo, qualcosa che desse alla gioventù del ventunesimo secolo uno spunto su cui riflettere.

Zhang guardò John, che circumnavigava nella stanza prendendo occasionalmente a calci il povero tavolo sospeso. <<Decidemmo insieme di mandare una pietra della memoria a quel ragazzo, lo sai bene. Anzi, ti ricordo che fosti tu, proprio tu, a incapsulare nella pietra la vita di quel Tonino, per poter inviare al ragazzo il “brutto esempio”. Quindi non te la prendere solo con me!>> si giustificò Zhang.
John si fermò. <<Sì, ma fosti tu a proporre di incapsulare la vita di Tonino… non ne ero convintissimo e adesso sono certo che non dovevo esserne convinto!>>
<<Vabbè, ormai è fatta… nessuno è a conoscenza di questo nostro tentativo fallito e nessuno ci biasimerà. La ghianda è pronta, e dopodomani il Musone la manderà indietro nel tempo. Tranquillo.>>
<<Il fatto è che biasimo me stesso, amico mio>> disse John <<speravo tanto in questa cosa…>>.
<<Ti capisco, anch’io ci speravo tanto.>> rispose Zhang. Ed allungò un calcio al tavolo sospeso. <<Allora, che facciamo, andiamo via prima che qualcuno ci scopra?>> chiese.
John si guardò attorno velocemente, poi portò la mano al mento. <<Non mi va che le cose rimangano così…>>
<<Che ti frulla in testa?>>
<<Vedrai, amico mio>> rispose John, <<vedrai>>. E tornò al trasporto temporale.

Stavo correndo verso Cinecittà, virtualmente preso dal provino che avrei sostenuto, quando aprii gli occhi in una bianca stanza d’ospedale. Mia madre mi teneva la mano. <<Ha aperto gli occhi!>> urlò alzandosi di scatto. La nonna, che le sedeva accanto, tentò lo stesso movimento fulmineo ma riuscì solo a far dondolare pericolosamente la sua sedia. <<Tanto ci siamo già, all’ospedale>> proferì, provocando le nostre risate.
<<Che è successo?>> chiesi ad entrambe.
<<Sembra che qualcuno ti abbia colpito con un sasso>> rispose la madre. <<Eccolo>>, ed indicò il comodino sul mio lato sinistro. Rimasi colpito dalla forma del sasso. Era praticamente identico a quello che avevo trovato nel camino, quel sasso strano e miracoloso che mi aveva rivelato la verità sulla vita. Portai la mano alla testa per grattarmi la nuca e mi resi conto di essere avvolto nelle bende. <<Cappero!>> esclamai, <<i miei capelli!>>. Pensai a tutto il lavoro sprecato del barbiere, ed al mio favoloso pennacchio di cheratina adesso soffocato dalle fasce. <<Vabbè>> borbottai. Ripensando al tutto, mi parve di aver vissuto le ore precedenti all’ospedale sulla scia della vita di un altro. Che ci facevo con quel dannato pennacchio? Che… che diavolo stavo facendo? Guardai la mamma e la nonna. Decisi di tornare a casa con loro e riprendere i miei studi. Tra due giorni avrei dovuto sostenere un esame. Ovviamente, avrei ripetuto in una stanza priva di camino!

FINE

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