leggi la parte prima
L’energia della pietra sembrò
concedermi una pausa. Potei riaprire gli occhi per un attimo. Scorsi il
caminetto. Avevo addosso un vortice di sensazioni differenti, dall’angoscia
alla disillusione, dal ribrezzo alla nostalgia, dalla decisione
all’indecisione. Provai ad alzarmi (come ero finito steso a terra?) ma riuscii
a fatica. Quelle sensazioni si riappropriarono del mio corpo e del mio animo,
lo intasarono provocandomi un’intensa nausea. Quasi mi venne da vomitare,
quando un’improvvisa calma spazzò via tutto. Una piccola brezza toccò la mia
pelle, che si rilassò sotto la carezza d’aria. Gli occhi iniziarono a bruciarmi
di nuovo e li chiusi, e subito furono accecati dal sole. Mi sembrò di cadere di
schiena sul pavimento.
L’elasticità del tessuto assorbì
la sua caduta. Tonino si era letteralmente lanciato su quella sdraio,
confidando nel fatto che essa lo avrebbe fermato. Adesso era faccia a faccia
col sole. Lasciò che i timpani godessero del canto d’amore che l’acqua canta
agli scogli quando li abbraccia; inspirò ed espirò lentamente per gustarsi
l’aria salmastra. Oh, quanto era rilassante quella vacanza! Godersi il mare, il
sole, una bibita fresca prima del tramonto… era sempre stato il suo sogno!
Si voltò nella sdraio mettendosi
sul fianco destro. Con la mano sinistra afferrò l’estremità del costume e la abbassò
in modo che si intravedessero la natica sinistra e la fessura tra le cosce. Ridacchiando,
estrasse il cellulare dal borsello legato al bracciolo e giocherellò con lo
schermo tattile. Un numero comparve dinanzi ai suoi occhi, e in quell’istante
cresceva. <<Bah, pensavo che una mezza natica e la fessura lo facessero
crescere più velocemente>> bofonchiò insoddisfatto, mentre i suoi
pensieri tornarono al momento in cui tutto aveva avuto inizio.
Una sera di circa quindici mesi
prima era tornato a casa stremato dall’ormai solito giro di rifiuti per vari posti di
lavoro in ambito tecnico. Non appena dentro l’abitazione, si era recato nel
soggiorno dove giaceva il giornale degli annunci di lavoro. Lo aveva sviluppato sul
tavolino di legno, scandendone ogni antro con gli occhi. Una lacrima si era
subito affacciata dalla palpebra destra; prese i fogli del quotidiano e li
stracciò in mille pezzi. Ormai gli unici posti di lavoro erano presso i
call-center. La moglie era allora sopraggiunta in preda al panico. Fece appena
in tempo a notare i movimenti dissennati del marito, quando fu ricoperta di
coriandoli in carta riciclata. Si ripulì il viso. Disse che era stanca di stare
con un fallito, adesso anche pazzo. Disse che avrebbe preso il bambino e lo
avrebbe portato via, da qualcuno che un lavoro ce lo aveva. Tonino la fissò, ma
senza capire. Era in catatonia. Infatti, dopo quegli ultimi mesi passati
nell’ansia della ricerca, lo sfogo della compagna gli parve come un accessorio
inutile della sofferenza, la frustata sulla schiena già sbucciata, la pugnalata
allo stomaco di un moribondo. Quasi gli venne da sorridere. Ricordò alla moglie
che erano sposati. Ma l’altra gli fece notare che aveva promesso di stargli accanto
fino alla morte, e che in nessun documento aveva mai specificato che si dovesse
trattare della morte fisica. La casa di Tonino si svuotò, e la solitudine
invase quelle stanze.
<<Il silenzio>>
bisbigliò Tonino, <<adesso c’è più silenzio>>. Il mese che seguì fu
durissimo. Tonino dovette abituarsi a fare quelle cose che non aveva mai fatto.
Non cercò di ottenere un lavoro; passava le giornate a guardare la TV come un
ebete e a camminare per la casa in pigiama, sperando che il tempo e la
compassione divina lo tramutassero in uno scarafaggio o in un pesce tropicale,
o comunque in qualsiasi altro essere vivente che non avesse bisogno di un
lavoro per sopravvivere. Cominciò a fumare sigarette: uno, due, tre pacchetti al
giorno. Ormai non esisteva angolo in cui non si avvertisse il tanfo del fumo; i
suoi movimenti casalinghi lasciavano delle scie nitide come quelle gli aerei. E
fu in una di queste peregrinazioni, quando per gioco si mise a seguire le sue stesse
tracce, che gli venne un’idea. Guardò il televisore, che incorniciava una bella
trasmissione, piena di gente per bene, in cui i protagonisti si scambiavano
opinioni su quello che altri protagonisti pensassero o non pensassero. Cambiò
canale. Ecco una bella trasmissione sportiva. Tanta gente su un paio di tribune
che abbaiava al presentatore. C’era chi aveva studiato a fondo le strategie
paramilitari di una delle squadre, e chi invece delle strategie non se ne
fregava un fico secco. Su un altro canale poté osservare una camera ricolma di
gente che si scambiava parole in un italiano stentato, e ripeteva di non voler
finire nel “tugurio”.
<<Ma certo!>> sbottò.
Iniziò a zompettare per la stanza rilasciando delle scie di fumo verticali. Si
fiondò nel bagno, si rasò e si riassettò i capelli. Alzò lo sguardo sullo
specchio. <<Però, sono proprio carino>> disse alla sua immagine
riflessa, prima di notare i panni sudici che portava da circa un mese. Si strappò
i vestiti di dosso, indossò il miglior completo che aveva ed uscì di casa.
Tonino sorrise, mentre si coccolava
la schiena sulla sdraio. Sorrise pensando ai propri capelli. Chiamò la barista
per farsi portare un altro tè freddo alla pesca, poi riassunse la posizione a
natiche semiscoperte. Si, i capelli.
Dopo la zompettata, si era recato
dal miglior barbiere della città o, meglio, da quel barbiere che i giovani
sembravano trovare molto alla moda. Costui lo rimbrottò per via del suo
aspetto. <<Come può lei>> gli aveva detto in tono minaccioso
<<Andare avanti con questo look?
Adesso la faccio tornare nuovo e molto cool.
È un bell’uomo, deve fare attenzione alla fashion.
Ricordi: fashion è fascino, fascino è fashion.>>. Quell’ultima frase era
riportata persino sui biglietti da visita. Insomma: dopo il lavorio di fino
fattogli dal tipo fashion del barbiere, non si riconosceva più. I suoi vecchi,
piatti capelli a scodella erano scomparsi per far posto ad un panorama definito
da altitudini variegate e spinose. Sulla fronte, i suoi peli si esibivano in
una impennata asimmetrica verso il centro della testa; chi tendeva a destra e
chi a sinistra, ma da entrambi i lati i pennacchi si congiungevano ad altre
vette creando delle sinuose strutture di cheratina che parevano un’opera
d’arte. Un’ora dopo raggiunse gli studi televisivi della città e si presentò
alle selezioni per la nuova edizione di una famosa trasmissione che si
proponeva di “indagare scientificamente le reazioni di tanti individui costretti
a vivere insieme per cento giorni”. Non appena oltrepassò i cancelli degli
studi, sentì di essere osservato. Gli occhi di tutti gli si posavano addosso;
forse era l’eleganza del completo, forse la scultura di cheratina che portava
in testa, forse entrambi. All’interno circolavano belle donne che gli rivolsero
sguardi ammiccanti. Purtroppo, nonostante le ottime premesse, la selezione non
andò bene. Fu accolto in una stanza di medie dimensioni. Al centro c’era un
microfono, e di fronte al microfono v’erano cinque giudici. I candidati dovevano
recarsi a turno presso il microfono, e raccontare la loro vita e le motivazioni
che li avevano spinti a partecipare a quelle selezioni. Tonino spiegò che nella
sua vita aveva studiato, aveva fatto carriera in una azienda e che, per la
crisi, era stato licenziato. Aggiunse che la ragione del suo provino era il
cospicuo premio in denaro offerto a chi avesse vinto la trasmissione. La giuria
sembrò insoddisfatta. Gli rivolsero altre domande sulla sua formazione, per
testare alcune conoscenze elementari. Alla fine gli spiegarono che lui, Tonino
Sabatino, aveva una vita troppo normale per essere interessante al grande
pubblico. Conosceva persino qualche opera famosa ed autori come Dante, e
riusciva ad eseguire calcoli elementari. Inoltre, con gran dispiacere della
giuria, egli parlava un buon italiano. <<Una persona che ha lavorato, che
è mediamente acculturata, è una persona che non va bene per la TV.>>
A quel dire, Tonino era rimasto
bloccato. Non aveva saputo rispondere. La scena gli fece tornare in mente il
primo colloquio di lavoro, in cui il valutatore lo aveva fatto quasi vergognare
per avere il diploma. Ed adesso, la portavoce dei cinque giudici (bionda, gonna
corta, vampate di profumo) gli riferiva che, poiché era mediamente acculturato,
non poteva fare TV. Rimase fino alla fine dei provini. Al microfono si
alternarono personaggi inquietanti, che per farsi prendere erano disposti a
muoversi, di fronte alla telecamera, come gli scimpanzé. Qualcuno rideva senza
motivo, qualche altro riempiva le frasi di intercalari orribili, come se il
cervello ogni tanto gli si otturasse e, durante la riparazione… ecco l’intercalare!
Altri tipi, invece, all’inizio parevano normalissimi, poi si trasformavano, sia
di aspetto che d’umore, iniziando a saltare e sfinendo gli orecchi degli
astanti con monologhi senza senso. Tonino pensò che da quel mucchio di giullari
ci avrebbe potuto scrivere una nuova comedìe
humaine d’ispirazione balzacchiana. <<Cavoli!>> si rimproverò
per il pensiero, mordendosi la lingua, <<È proprio per questo motivo che
non mi hanno scelto!>>
Un’ora dopo era tutto finito (per
fortuna). I giudici si alzarono e se ne andarono di fretta, tranne la bionda
che, dopo aver lanciato indietro i capelli creando una leggiadra brezza di
sensualità, si avvicinò a Tonino e gli sussurrò <<Antonio, lei è un bell’uomo.
A cento metri da qui danno un altro provino. Cerchi di essere meno
intelligente, è un consiglio. E farà carriera.>>
Infatti, a pochi passi si ergeva
un edificio a pianta circolare. Era (così gli dissero) il luogo da cui
trasmettevano un’altra trasmissione famosa e molto seguita. Un altro
esperimento sociologico. L’interno era ben arredato, con una dominanza del colore
bianco. Anche qui v’erano delle persone che parevano dei giudici. Uno di loro
lo notò e lo fece avvicinare.
<<È qui per partecipare al
programma?>>
Tonino annuì. Nel farlo, si
accorse di aver ondeggiato la chioma più del solito.
<<Va bene, la prendiamo, è
perfetto. Uno che porta quei capelli così meravigliosi non può che valere la
pena. Si accomodi, vada in fondo. E mi lasci l’indirizzo del suo
acconciatore.>>
Tonino fece spallucce. Lungo il
tragitto si era preparato ad apparire meno sveglio, ma per fortuna non era
servito.
<<Fra poco andiamo in
onda!>> gridò un altro uomo dall’alto di una specie di tribuna, che s’allargava
ad anfiteatro attorno ad un palchetto piuttosto lungo, alle cui estremità c’erano
delle sedie. A Tonino fu chiesto di accomodarsi sul lato destro, accanto ad
altri uomini. Sembrava, più che altro, una gara di acconciature e di magliette
attillate. Quando la trasmissione cominciò, di fronte al gruppetto di seduttori
si accomodò un gruppetto di seduttrici. Anche là, sembrava una gara di acconciature,
come se chi avesse speso di più al parrucchiere potesse vincere; i volti delle
donne erano ispessiti da strati di trucco ch’era stato steso con il pennello
Cinghiale, anzi con il rullo; i loro corpi emettevano vapore acqueo profumato
all’inverosimile, che s’adagiava a nuvolette sugli abiti succinti atti ad
ostentare l’eventuale presenza delle grazie corporee. Tonino ripeté soffusamente
la parola “eventuale”, perché notò che qualche donna là di fronte non ci aveva
fatto caso. L’atmosfera si riscaldò subito. Sia uomini che donne, gridavano
tutti per qualche motivo sconosciuto. Il pubblico, composto di altri esseri
imbellettati come i protagonisti, incitava le fazioni allo scontro, asserendo
che qualcuno degli uomini o qualcuna delle donne fosse “falso” o “falsa”,
oppure ribadendo quanto fossero “veri”. Tonino si sentì aggredito da ogni lato,
come se lo stessero assediando. Non sapeva cosa fare, l’intera cosa gli sembrò
assurda e, soprattutto, inutile. Gli venne un mal di testa terribile. Nell’indecisione,
decise di non agire. Tacque tutto il tempo, studiando minuziosamente gli esseri
improbabili che lo circondavano. I registi, sulla tribuna, si muovevano
frettolosamente da un capo all’altro, facendo segno al pubblico di continuare
così.
Ad un certo punto, accadde
qualcosa di strano. Accadde il silenzio. Tutti gli occhi si puntarono su
Tonino. Una donna del pubblico si alzò, brandì il microfono e cominciò a
suggerire a tutti quanti di prendere esempio da Tonino, che lui era un “vero”
esempio da seguire. Una delle donne del palco, che gli sedeva di fronte, corse
e gli si buttò tra le braccia baciandolo. <<Tu si che sei un vero uomo,
tu sai ascoltare!>> urlò tra uno smacco e l’altro, mentre le altre donne
fischiavano a mo’ di tifoseria. L’uomo che invece gli stava accanto piombò in
piedi, afferrò la donna dai fianchi e la lanciò via da Tonino. <<Fa così perché
è una strategia, lui sapeva che tacendo per tutto il tempo avrà attirato l’attenzione!>>
gridò (incurante della sintassi), e alla fine si aggiustò i capelli che, per il
troppo sforzo, si erano mossi. <<Ha ragione il nostro amico>>
ribatté uno con i peli rasati e i capelli a salice piangente, <<questo
qui fa il taciturno ma in realtà è qui solo per fare audienz, per farsi la
pubblicità!>>. La gente si divise in due fazioni che cercavano di
interpretare l’umore, le intenzioni, la vita, le aspirazioni, i desideri, le
passioni, le idee, le ideologie, il partito politico… di Tonino, senza ch’egli
avesse aperto bocca e comunque senza neanche interpellarlo. Cinque donne gli
chiesero il numero di telefono, cinque uomini tentarono di picchiarlo davanti alla
cinepresa, ma una donna corpulenta lo salvò schiaffeggiando i concorrenti.
Volarono parolacce, insulti e blasfemie d’ogni tipo. Tonino decise di
svignarsela approfittando della confusione. Era quasi all’esterno del
padiglione, quando un uomo lo fermò. <<Dove crede di andare lei?>>
<<Esco a prendere un po’ d’aria>>
aveva risposto Tonino.
<<Ma dove pensa di stare?
Crede di poter venire qui, far impennare gli ascolti, ed andarsene via? Domani
lei viene qui alle nove in punto. Ho deciso di affidarle la parte in un film
che sono sicuro spaccherà.>>
Il giorno dopo per Tonino iniziò
una nuova vita. Ricevuta la parte nel film, diventò un volto noto. Pur avendo
recitato una parte muta, la sua esibizione ricevette critiche molto positive
dagli amici del produttore del lungometraggio, che poi erano anche a capo dei
concorsi di cinema più conosciuti a livello nazionale. I giornali riempirono le
pagine con il suo nome, a volte incastrandosi all’interno di cicli infiniti fra
Tonino e Sabatino, Sabatino e Tonino, e Tonino Sabatino. Un critico molto
autorevole lo definì come “il nuovo Clint Eastwood”. Un altro lo additò come l’attore
rivelazione della “recitazione ermetica”. Qualcuno suggerì sulle pagine di un
quotidiano di candidarlo in politica.
Fatto sta che, da quel giorno,
Tonino non ebbe più problemi di lavoro. I film cui prendeva parte con il suo
mutismo “rivelatore” crebbero. I premi e i riconoscimenti si moltiplicarono.
Scrisse un libro (cioè, non lo scrisse lui, ma sulla copertina c’era il suo
nome) sulla sua vita, in cui aprì il cuore ai lettori. Quando la moglie lesse di
lei fra le pagine, gli intentò causa per ricevere dei soldi e la vinse. L’udienza
fu seguita in diretta da un milione di persone. Tonino ricordò di aver visto,
al telegiornale, la signora corpulenta che qualche mese addietro lo aveva
salvato dalla rissa negli studi televisivi. Agitava le braccia e le protendeva
oltre la folla per lanciare dei baci al suo idolo. I paparazzi facevano a pugni
per riuscire a fotografarlo in ogni momento quotidiano. Una notte uno di loro
lo immortalò mentre guidava ubriaco, reduce da una festina con alcuni amici
attori e produttori. La sua immagine fu spiattellata a destra e a sinistra,
assieme all’elenco crescente delle infrazioni che commetteva di giorno in
giorno. Ma ciò fece accrescere ancora di più la popolarità. Ormai impegnava le
entrate VIP dei locali più ambiti. Lo chiamarono per partecipare ad un
programma il cui scopo era “indagare scientificamente le reazioni di tanti
individui costretti a vivere insieme su di un’isola deserta”. Lo chiamarono per
fare l’opinionista del calcio, l’opinionista della politica, l’opinionista del meteo,
delle caramelle, delle ricette, dei pupazzi per bambini, dell’intimo femminile,
del cinema contemporaneo…
<<Non è stato
facile>> commentò, sorseggiando nuovamente la bevanda. Il sole le aveva
strappato via la gustosa frescura. I ricordi lo avevano distolto dal presente. Guardò
il cellulare: quel numero cresceva, ma adesso più lentamente. <<Va bene,
la natica ha esaurito. Proviamo altro.>>
Si riassettò il costume e si
diresse al bancone del bar. Chiamò la cameriera: una bella ragazza bruna con un
delizioso neo sotto l’orecchio destro e i capelli lunghi e mossi. Le chiese un’altra
bevanda e, nel farlo, le si avvicinò molto. <<Sei bellissima>> le
sussurrò. La vide arrossire ed allontanarsi in preda all’imbarazzo. Tonino
prese il cellulare. Il numero crebbe più velocemente. <<Questa
app>> ripeté tra sé e sé, <<questa app è fantastica. Ho dovuto
investire tutte le mie conoscenze informatiche per realizzarla!>> ammise
soddisfatto. Tornò alla sdraio per sprofondare di nuovo nell’ozio. Chiuse gli
occhi.
La pietra mi concesse una tregua. Ne approfittai per lanciarla lontano.
Tutte le sensazioni non mie che mi avevano posseduto scomparvero. Non sapevo
chi o cosa mi avesse mandato quel sassolino, ma l’effetto era stato tremendo.
Come la mela in testa a Newton. Non sapevo chi mi avesse scagliato addosso la mela,
ma avrei voluto ringraziarlo. Improvvisamente mi sentivo rinfrancato, libero.
Avevo le idee più chiare, sul presente, sul passato e sul futuro. Ripensai alla
mia situazione personale, ai miei studi, alle scelte che avevo fatto. Mi
tornarono in mente le dimostrazioni che qualche minuto (ora?) prima stavo
imparando. Prima che qualcuno mi risvegliasse da quel sonno, da quel vivere
dormiente, dal sopravvivere sopito che praticavo. Ma certo! L’inutilità della
mia vita mi si parò dinanzi. A che pro spendere giornate nello studio? Perché
guadagnare un posto sudando, quando è possibile andare più in alto semplicemente
senza far niente? La vita di Tonino Sabatino, che per una specie di magia avevo
vissuto per pochi attimi, mi aveva illuminato. Lanciai tutti i libri all’aria,
trasformando i miei appunti in un vortice di cartacce svolazzanti. Andai in
bagno, spruzzai tutta la boccetta di gel sulle mie mani e cominciai ad
armeggiare col pettine. Quando la scultura di cheratina fu pronta, uscii di
casa correndo. Avevo un piano ben preciso, un po’ diverso da quello che Tonino
aveva attuato. Per prima cosa avrei creato quella fantastica app, la quale
stimava, in base alle previsioni dei titoli delle riviste scandalistiche e ai
movimenti dei paparazzi nei dintorni, quanti soldi venivano guadagnati all’istante.
Dopo, e solo dopo, mi sarei recato agli studi televisivi più vicini.
continua...
.
continua...
Ahahahahahahah !! Mi sa che mi hai dato un'idea :D
RispondiEliminaspero di avertela data nella giusta direzione :p
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaun racconto un pò destabilizzante oserei dire :D ti disorienta perchè ti fa fare dei voli pindarici dalla realtà alla fantasia, dall' immaginazione alla vita reale.. per un attimo anch io ho desiderato diventare come Tonino: bella, ricca, senza far nulla.. ma poi inesorabilmente ho varcato di nuovo il confine reale. :( poi, mi son chiesta se Tonino, con tutti quei soldi e la notorietà raggiunta fosse finalmete felice e soddisfatto..bah! lo scopriremo solo leggendo! :D
EliminaUna cosa è certa: per adesso Tonino se la sta spassando!
RispondiEliminaun racconto dai toni paradossali, ma che descrive una società realistica, purtroppo...
RispondiEliminaAnche io mi chiedo se si sia sentito realizzato, una volta raggiunta la notorietà. Può essere soddisfacente ottenere ciò per cui si è a lungo lottato, ma una volta conseguito, si rischia di sentire un gran vuoto, specialmente se non ci si pone nuovi traguardi.
RispondiEliminaCondivido i vostri commenti, ma vorrei anche spingere la riflessione un po' oltre. Il racconto non è solo su Tonino che, più che essere un protagonista, è quasi una "vittima" della notorietà, almeno all'inizio. Non ha lottato per essa, l'ha praticamente avuta gratuitamente mentre in realtà cercava una scappatoia alla sua personale situazione di disoccupato. Il racconto vuole enfatizzare anche l'altro aspetto. Non è solo Tonino a seguire qualcosa di vuoto, è anche l'intero contesto che, se da un lato si spaventa di una "crisi" economica e delle difficoltà che comporta, dall'altro riempie di soldi personaggi che non hanno il perché di esistere. Mi vengono in mente tanti, troppi nomi. Questo, a sua volta, fornisce agli altri, quelli che cercano di lavorare sodo, un motivo per non credere nel merito e non darsi da fare.
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