Caro amico mio,
il tuo racconto, la tua
“fotografia di realtà”, mi ha intristito. Ero pronto a narrarti di altri
fantastici eventi riguardanti il Regno del Panino e il Cavaliere Nero, quando
sono stato assalito da una profonda mestizia. Diciamo che mi hai rovinato le
feste. Ma mi hai anche ricordato che, purtroppo, viviamo in un momento non affatto
roseo della nostra storia. I problemi ci circondano e braccano, a me, te e a noi
italiani, e probabilmente il vero motivo per cui non facciamo che peggiorare è
che non esiste nessuno in grado di vedere oltre l’oscuro, nessuno che abbia una
visione del futuro, della strada che dovrebbe salvarci dal declino. O, forse,
nessuno che voglia spendere del tempo a pensare ed elaborare una idea, poiché è
banale sollevare le masse in una continua opposizione al tutto, piuttosto che
guidarle, istruirle, e condurle alla costruzione di qualcosa. Che può essere
imperfetta e perfettibile, ma intanto è bene costruirla. La conseguenza della
stasi intellettuale, causa dell’inazione, è quella che hai “narrativamente”
riassunto tu: si perde la voglia di raccontare storie, o si perde addirittura
del tutto la capacità di metterle insieme. Poi ci si svuota, si diventa esseri
senza scopo travolti dalle faccende quotidiane cui ormai non si da valore,
oppure si diventa vittime di vacuità mostruose fini a sé stesse. Vogliam forse
ridurci così? Perdere l’ispirazione, che è motore interiore, significa perdere
la propria esistenza. Significa non
cogito, ergo non sum.