lunedì 4 febbraio 2013

Kurab Niul - Prologo



La pioggia batteva forte sul villaggio ancora in fiamme. Un nutrito gruppo di soldati lo aveva saccheggiato ancora una volta. Non c’erano state neppure vittime, solo qualche casa incendiata, per incutere un po’ di sano terrore e disperazione. Dopotutto chi poteva opporsi? Nessun guerriero è poi così spavaldo una volta giunto al fronte e quei pochi che ci provarono erano morti tre o quattro assalti fa. A quella legione, come alle precedenti, faceva comodo lasciare tutti in vita, lasciare che coltivassero, nutrissero le loro bestie, andassero a pesca e tagliassero legna. Lasciare che producessero. Tanto che importava? erano circondati in quella piccola penisola, la battaglia si era spinta verso nord lasciandoli in quello che ormai era pieno territorio nemico. Dove sarebbero potuti scappare? il primo avamposto alleato non era distante ma a separarli da esso c’era il fronte. Attraversarlo? impossibile. L’alternativa era, dunque, sopravvivere, sopportare. Tagliare un po’ di legna per ricostruire, nascondere cibo per resistere a quelle magre imposte. Sperare. E non perché la speranza fosse l’ultima a morire, ma semplicemente perché non c’era poi molto altro da fare.